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Nei Yoga Sutra, Patanjali dedica poche parole agli asana, ma ne rivela la profondità essenziale: una postura è autentica quando è stabile e confortevole. Questa condizione non nasce da uno sforzo fisico forzato, ma si conquista attraverso il progressivo abbandono della tensione e un raccoglimento interiore che medita sull’infinito. Quando il corpo trova il suo equilibrio e si ferma senza sforzo, allora si placa anche il turbamento causato dagli opposti: caldo e freddo, fatica e riposo, attrazione e repulsione.

L’asana, quindi, non è solo una forma fisica. È uno stato in cui corpo e mente si unificano, e in cui l’essere si identifica con la postura fino a diventare quella forma, in una sintesi psico-fisica profonda. È proprio in questo momento che si crea una nuova qualità di relazione tra mente e corpo: una quiete che comincia a dissolvere l’agitazione mentale.

Attraverso la semplicità del gesto fisico, si apre un varco verso una mente diversa da quella ordinaria: una mente silenziosa, calma, capace di non reagire immediatamente agli stimoli sensoriali. Questo è il primo passo verso il distacco dai sensi, un processo che si approfondirà nelle fasi successive del percorso yogico – Pratyahara, Dharana, Dhyana e infine Samadhi – e che conduce verso la scoperta di un mondo interiore vasto e inesplorato.

La via dello yoga, che prende avvio dagli asana, è dunque un sentiero graduale, armonico, in cui ogni gesto apre la strada a un incontro sempre più profondo di sé.

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