Yoga – Citta e Vrtti

Gli Yoga  Sutra di Patanjali sono la sacra scrittura dello Yoga. Tutto il resto è contorno.
A parte le codificazioni dei testi rinascimentali ed ottocenteschi, il riferimento principe per qualsiasi praticante di yoga sono gli Yoga Sutra.
Composto da tre libri, il contenuto si rivela in 196 Sutra o aforismi.
I primi quattro sutra del Primo Libro degli Yoga Sutra di Patanjali ci danno la definizione esatta dello Yoga ed offrono anche una riflessione sul senso di tutta la pratica Yoga e sul suo scopo

  1. Atha yoganusasanam. Traduzione:
    Ora qui lo Yoga -> ovvero da qui comincia l’esposizione dello Yoga.  (Anusasanam è la disciplina della percezione sensibile e della visione mentale per capire la Realtà).
  2. Yogas citta vritti nirodha. Traduzione:
    Lo Yoga è la cessazione delle fluttuazioni/vortici della men
    te
  3. Tada drstuh svarupe vasthanam. Traduzione:
    Allora
    (quando accade questo), la coscienza (drasta) riposa nella sua vera essenza (svarupe– è se stessa).
  4. Vritti svarupyam itaratra. Traduzione:
    Altrimenti la coscienza si identifica con le fluttuazioni della mente 

Lo Yoga ci dice Patanjali ha come scopo la sospensione delle fluttuazioni della mente. Queste ‘fluttuazioni’ sono chiamate– Vtti e sono tutto quel garbuglio continuo che sentiamo scorrere ‘nella testa’  se soli ci fermiamo un attimo ad ascoltare i nostri pensieri. Fluttuazioni di pensieri per colpa dei quali la nostra Coscienza si va ad identificare con esse, dimenticando chi è realmente. Nella mente vivono infatti pensieri di ogni tipo di origine conscia e consapevole (pochi), inconscia subconscia ed inconsapevole (quasi tutti).

La parola Vti significa “recintato[2].
Vtra significacolui che copreed era il demone che imprigionava le acque della pioggia nei ghiacciai creando siccità. La consonante “v” indica sempre in sanscrito “separazione, distacco, distinzione, allontanamento

Vṛtti, sono “tutto ciò che separa, distingue, copre, allontana”. Ma da  cosa?
Nella nostra vita ordinaria, la mente è stracolma di Vṛtti. Nascono sempre da stimoli percettivi raccolti dai sensi che vengono elaborati nella mente dalla coscienza grazie al cervello.
Il problema si crea se la coscienza si identifica col contenuto della mente.
E se lo fa, l’uomo si identificherà con tutto quell’ammasso di intrecci.

  1. Dunque Patanjali usa la formula “Vritti svarupyam itaratra. Altrimenti la coscienza si identifica con le fluttuazioni della mente”.

Se si attenua tutta questa agitazione della mente, l’identificazione della coscienza con essa perde forza fino a cessare del tutto, e la coscienza recupera la sua vera natura.
Questa totalità di contenuti della mente, è chiamata “Citta”; questi contenuti generano i  Samskara ed i Vasana

Samskara

La consonante “s” indica “legame, relazione”. 
La  radice “sam” significa “con, insieme con” (samadhi – porre insieme),
Il verbo “kr”  indica fare, creare.
Dunque i samskara significa creare legami insieme i “legami creati”.
Ma creati da chi? Dal mondo esterno e che sono anche semi karmici perché rimangono nella storia spirituale degli individui.
La parola seme inizia per “s” -> legame…

Vasana

La consonante “v ” abbiamo visto indica sempre “separazione, distacco, distinzione, allontanamento”.
La  radice “ Vas” significa “indossare, vestirsi”.  I vestiti ci separano il corpo dall’esterno.
Quindi i Vasana  sono le “cose che indossiamo e che non siamo noi” perché ci separano, come degli abiti dal nostro vero Io. Le separazioni.

Questo turbinio che accade dentro Citta, impedisce alla nostra vera coscienza di vedere (avidya) che gli oggetti della percezione sono legati ad innumerevoli vincoli peraltro sempre uniti al processo di memoria (smriti).

Tutto questo ammasso informe ci fa muovere secondo meccanismo di reazione anche quando siamo convinti di no.
Dentro questo buio di pensieri noi non vediamo nulla, ne chi siamo ne pensieri oggettivi. Avidya
Ci identifichiamo con essi. Asmita
Ne siamo attratti. Raga
Ne siamo infastiditi. Dvesa
Vi siamo attaccati ed abbiamo paura di perdere quello sitato perché ci conforta. questo è Abhinivesa. Non una generica paura di morire come spesso si traduce questo termine, ma la paura dii far morire quella parte di noi attaccata a chi crediamo di essere.

Questi Patanjali li chiama Klesha e ne parla nel secondo libro degli Yoga Sutra.

Citta

La radice è “ci” che ha il significato di “muovere intorno con continuità, cercare, circolare”. Quando diventa cit significa “osservare, cercare
la coscienza osserva continuamente tutto. Osserva le Vṛtti, e quindi osserva le separazioni, se di separazioni viene nutrita.

Citta allora è l’osservazione continua potremmo quindi dire  la “coscienza che osserva continuamente”Può osservare le vrtti o può osservare altro.

Questa però è una conoscenza riflessa, ordinaria incapace di connettersi al mondo degli archetipi. Allontanata dal pensiero puro e libero da quelle che sono le rappresentazioni derivate dai sensi. Togliendo il turbinio ingarbugliato, la coscienza può vedere sé stessa e gestire l’esistenza terrena secondo Logos ordinatore. Noi possiamo dire: pensare, sentire, volere.

Ha scritto Hegel: “Il pensare fa sì che l’anima, di cui anche l’animale è dotato, divenga spirito”. Di quale pensare stiamo parlando? Non certo di quello a cui siamo abituati. Parliamo del Pensiero Puro, quello libero dalla risposta automatica della mente alle percezioni sensoriali. Possiamo vedere due facce della coscienza, quella legata al mondo sensibile, schiava delle vrtti, la mente; e quella legata al mondo spirituale che usa i sensi come strumenti di evoluzione ma non è di essi schiava, la coscienza di sé.
L’uomo deve utilizzare le tre facoltà svincolandole dai sensi per incontrare la coscienza di sé. Normalmente nella vita ordinaria, le tre facoltà sono interdipendenti.

Penso->sento->agisco. Questa si chiama reazione.

Il controllo a cui ci vuole portare lo Yoga è: Io penso. Io sento. Io agisco. Questa si chiama azione libera. Il pensiero libero dai sensi, il pensiero vivente[1] è il punto di partenza della via spirituale, la via che conduce all’autocoscienza. Quando queste tre facoltà non sono una la causa dell’altra ma divengono indipendenti, allora il pensiero torna ad essere puro.

Possiamo riassumerne ed evidenziare le vrtti che ci separano dal nostro vero Sé e fanno vacillare da un estremo all’altro senza controllo, in 5 gruppi.

Il primo gruppo che genera caos mentale o – vrtti nasce dalla conoscenza vera è PRAMANA

Sono Pramana e cioè conoscenza vera:

  • la percezione diretta che avviene con i sensi – pratyaksa– perché pur dando una vera conoscenza; l’interpretazione può essere sbagliata (vedo un serpente invece è una corda)
  • la deduzione data dal ragionamento dell’intelletto – anumana  che però se ben esercitato, può portare a un veloce avanzamento spirituale;
  • la frequentazione di persone sapientitestimonianza – come i guru o i maestri o chi abbia già avuto esperienza; chi potrebbe guidarci su per una montagna meglio di una guida?

Secondo gruppo che genera caos mentale o – vrtti nasce da conoscenza errata, dal falso sapere – VIPARYAYA, Si tratta dell’ssere convinti di una cosa che però è sbagliata. 

Terzo gruppo che genera caos mentale o – vrtti nasce dall‘immaginazione – VIKALPA – le certezze che ci creiamo artificialmente con ciò che ci immaginiamo. Questo genera vrtti.

Quarto tipo di costrizione   che genera caos mentale o – vrtti nasce dal ricordo SMRTI la rievocazione delle passate esperienze. Questo genera vrtti.

Quinto tipo di costrizione   che genera caos mentale o – vrtti nasce dal sonno NIDRA quello stato mentale privo di consapevolezza in cui si è totalmente in oblio, presi dai sogni ove tutto fluttua senza controllo e che può influenzare la coscienza ordinaria. Questo genera vrtti. perché nel sogno non fa altro che manifestarsi a ruota libera ciò che nella vita ordinaria è mosso dalla mente.

Se l’osservazione che fa citta è purificata da questi condizionamenti, dagli automatismi non avremo più legami Samskara e separazioni Vasana, allora si esprime la nostra vera natura. La coscienza diventa in grado di ‘vedere’ distintamente il movimento dei pensieri, delle emozioni, delle azioni generato dai sensi. Essendo la definizione precisa del samadhiFONDERSI NELL’UNITÀ DELL’ATTO PERCETTIVO potremmo dire che questa è la strada per raggiungerlo.

Fino a che c’è questa confusione mentale le pratiche necessarie al passaggio a stati coscienziali superiori è bloccato. Pratiche come la contemplazione, la concentrazione, la meditazione. Quindi, come possiamo far sì che queste situazioni negative si arrestino definitivamente, o almeno che si attenuino? Possiamo esercitare due facoltà tipicamente umane che sono:

L’esercizio del distacco Vairagya– dalle agitazioni, la loro osservazione.
La pratica continua Abhyasa–  del controllo tramite anche le tecniche dello Yoga.
Per arrivare ad armonizzare e poi sublimare le vritti è necessario seguire un percorso, un processo, una sequenza. Dovremo sviluppare la concentrazione, poi il distacco, ed infine la disidentificazione, prima però passare da Yama, Niyama, Asana, Prânâyâma e Pratyahara.

Quando questo sarà parte di noi avremo conquistato lo stato coscienziale del samadhi e saremo liberi anche dal ciclo delle morti e delle rinascite (samsara).

Pulire la mente dai veli delle percezioni animiche elaborate con pensare sentire e volere, significa dunque avvicinarsi all’essenza del nostro essere, quello che veli non ha, che brame non ha, che desideri e condizionamenti non ha. Il nostro viaggio è diretto li.
Quello è il luogo del samadhi, quello è il luogo dello Spirito.
Ed in questo esercizio passeremo sempre per il corpo e lavoreremo sempre a stimolare una percezione diretta delle cose.

Tratto da “La via senza tempo dello Yoga” un libro di C. Russo

[1]Franco Rendich Dizionario etimologico comparato di Indoeuropeo-Sanscrito-Greco-Latino

[2]R. Steiner chiama così il pensiero libero dai sensi

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