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La Bhagavadgītā, nel XVII capitolo, ai versi 14-15-16, ricorda:

«La tranquillità della mente, la benevolenza, il silenzio, l’autocontrollo e la purezza di cuore: questi sono gli aspetti del tapas mentale.»

Tapas è la spinta interiore al fare, la determinazione volitiva che ci guida lungo il cammino della conoscenza.

Nella sua radice, ascesi significa esercizio, pratica costante. È un atto volitivo, non un semplice rinunciare, ma un fare sacro. Tapas, in sanscrito, significa anche calore. È il calore prodotto dallo sforzo cosciente: così come il fuoco purifica i metalli dalle scorie, allo stesso modo il calore interiore dello sforzo disciplinato purifica le vṛtti della mente, le onde che la agitano.

Nulla si ottiene senza dedizione, senza impegno, senza concentrazione: che si tratti della ricerca spirituale o di una disciplina scientifica o artistica, il principio è lo stesso. Manu, nella tradizione indiana, definisce Tapas come «la concentrazione di tutte le facoltà dell’essere umano» e lo considera la più alta delle virtù, poiché è l’essenza stessa di tutte le altre.

Tapas rende possibile ciò che sembra impossibile. Non a caso i latini dicevano nihil difficile volenti – nulla è arduo per chi vuole davvero. È il nostro “volere è potere”, ma in una prospettiva più profonda: non un capriccio egoico, bensì la volontà allineata a un principio sacro.

Il significato nascosto nella parola

Tapas si compone di due parti:

  • ta, che indica la luce, il calore luminoso,
  • apas (o ap), che significa “acqua”, ma non semplicemente l’acqua fisica, bensì l’elemento che purifica.

Nella lingua vedica, ap rappresenta l’acqua come atto purificatore, mentre an indica l’acqua che oscura la luce, gli abissi. Da qui nasce Apāna, uno dei cinque vāyu o soffi vitali: il soffio che purifica le acque oscure, trasformandole in acque limpide.

Tapas, quindi, è la luce che sorge da un atto sacro: un fare che diventa sacrificio (dal latino sacrum facere, fare sacro). È il calore della luce che nasce dallo sforzo puro e intenzionale.

Tapas come disciplina interiore

Tapas è controllo del pensiero, della parola, delle azioni e dei giudizi. È la pratica del testimone, la capacità di osservare sé stessi e, al tempo stesso, purificare ciò che si osserva.

Attraverso questa disciplina, si ottiene non solo la cessazione delle sofferenze che la vita porta, ma anche lo sviluppo di facoltà sottili, i cosiddetti siddhi, poteri spirituali che emergono spontaneamente quando la mente è resa trasparente e pura.

Il principio di reciprocità

Il tapas non è solo un atto isolato, ma diventa uno stile di vita che permea ogni gesto. Si manifesta nella giusta attenzione al respiro, in un’alimentazione equilibrata, nel rispetto dell’ambiente, nella cura per la vita di tutti gli esseri. È la pratica assidua della meditazione e della concentrazione che spegne il rumore dei pensieri sparsi e frammentati, liberando la mente dal caos.

Il vero tapas è sempre un’azione interiore, non finalizzata a se stessi, ma come offerta, come sacrificio per il bene e l’armonia. È il lavoro più pratico, più volitivo, perché nasce dalla fraternità e dalla generosità. Richiede forza per superare disinganni, coraggio per sciogliere nodi, capacità di attraversare barriere invisibili.

La purificazione e la rinascita interiore

Massimo Scaligero scriveva:

«Con questo risorgere ho la misura esatta dei valori terrestri e di ciò che veramente merita essere voluto e affermato sino in fondo, oltre tutto. Questo è decisivo per l’assunzione delle forze: quelle che vengono donate dal Mondo Spirituale se si è veramente indipendenti dagli attaccamenti terrestri, onde non sia fatto un uso non giusto di esse.»

In questa prospettiva, Tapas diventa una porta verso il Mondo Spirituale: solo chi si libera dal peso degli attaccamenti terreni, chi purifica la volontà, può ricevere le forze superiori e usarle in modo giusto.

Tapas come cammino del calore e della luce

Tapas è, in sintesi:

  • il calore interiore che nasce dall’impegno sacro,
  • la luce purificatrice che dissolve le oscurità interiori,
  • l’atto di rendere sacro ciò che si fa, trasformando ogni azione in un’offerta.

È il fare consapevole, la dedizione totale, la disciplina che non schiaccia ma eleva, perché apre la via alla conoscenza e alla libertà.

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