Brahmacharya è molto più di un semplice precetto morale. È uno stato, una condotta interiore, un orientamento costante verso ciò che è sacro.
La parola viene da Brahman – l’Assoluto, la realtà suprema – e charya, che significa “cammino”, “condotta”, “muoversi verso”. Letteralmente, Brahmacharya significa camminare verso Brahman, vivere con la consapevolezza del Divino in ogni pensiero, parola, azione.
Negli Yoga Sutra (II.38) Patanjali dice:
“Brahmacharya pratiṣṭhāyām vīrya lābhaḥ”
Quando la vita è radicata in Brahmacharya, nasce vīrya, una forza straordinaria, una vitalità che non si disperde, una potenza interiore che diventa luce e chiarezza.
Non una rinuncia, ma una trasmutazione
Oggi molti pensano che Brahmacharya significhi solo astinenza sessuale. Ma ridurlo a questo è un errore. Non è un divieto sterile, non è moralismo.
È trasformazione dell’energia vitale: anziché disperderla nei sensi e nei vortici del desiderio, la si raccoglie, la si custodisce, la si eleva. Non si tratta di reprimere, ma di sublimare. L’energia creatrice che normalmente fluisce verso l’esterno viene diretta verso l’alto, verso stati di coscienza superiori.
Brahmacharya è quindi pensiero puro, sentimento puro, azione pura, come la Divinità. È ricordare, in ogni gesto, che Brahman – la presenza divina – è ovunque. È vivere in modo che ogni atto diventi un atto sacro.
Sai Baba, in un discorso del 1988, diceva:
“Brahmacharya significa condurre una vita di pensieri, azioni e aspirazioni puri. Non è solo vivere da celibe. È riconoscere la Divinità onnipresente, regolare la propria vita per diffondere purezza e sacralità ovunque.”
Questa è la vera essenza: la purezza quadrupla – pensiero, coscienza, sentimento e azione – che rende la vita sacra.
Dal cibo alla beatitudine
La vita umana inizia con il bisogno di cibo (Annamaya), ma non si ferma lì. Anche se il corpo è sazio, la mente desidera altro, desidera Ananda, beatitudine.
Il cammino dello yoga porta proprio da Annamaya (la vita nutrita dalla materia) a Anandamaya (la vita beata, nutrita dalla conoscenza del Sé). Ma questo passaggio avviene solo quando le azioni sono rette, quando la mente si purifica e non cerca più di danneggiare o manipolare.
Quando i pensieri sono puri, le azioni diventano pure. E quando le azioni sono pure, la vita stessa si trasforma in un tempio.
Energia creatrice e risveglio interiore
La cultura indiana vede la nostra energia creatrice come la stessa forza che genera la vita. Essa risiede alla base della colonna vertebrale, nel Mūlādhāra, in forma di Kundalini, la “serpe arrotolata”.
- Kunda significa “arrotolato”, in potenza.
- Kundalini è quindi l’energia cosmica addormentata in noi, in attesa di essere risvegliata.
Non a caso, i Greci chiamarono l’osso alla base della colonna osso sacro. E chiamarono Bregma la fontanella alla sommità del capo, l’ingresso spirituale da cui, alla nascita, la coscienza era ancora collegata ai Mondi Superiori.
Tra l’osso sacro e la fontanella corre il canale centrale Sushumna, la via dell’unione, affiancato da Ida e Pingala, i due canali opposti – maschile e femminile, solare e lunare – che creano il gioco della dualità.
Quando Kundalini dorme, la coscienza resta chiusa nella dimensione ordinaria.
Quando viene risvegliata, risale attraverso Sushumna, dissolvendo i veli (vṛtti) della mente e riportando la conoscenza alla sua origine divina.
Per questo l’energia sessuale è così potente: è la stessa energia creatrice della vita. Se viene lasciata solo nell’istinto, rimane prigioniera dei sensi. Se viene trasmutata, diventa luce, sapienza, risveglio.
Il serpente e la conoscenza
Il serpente è simbolo di questa sapienza in tutte le culture:
- accanto ad Atena e Minerva come simbolo di saggezza,
- nel Buddha come simbolo di protezione e illuminazione,
- nella Bibbia come il desiderio di conoscenza che porta alla libertà,
- nel Caduceo con due serpenti intrecciati, simbolo degli opposti bilanciati, come Ida e Pingala attorno al canale centrale Sushumna.
Il risveglio di Kundalini è il risveglio della conoscenza cosmica che dorme in noi, la risalita dello Spirito che ritorna alla sua Fonte.
Brahmacharya come porta al risveglio
Ecco perché Brahmacharya è così importante:
- Custodire e trasformare l’energia sessuale significa non disperdere la forza vitale che può risvegliare Kundalini.
- Significa riconoscere che questa energia non è solo istinto, ma scintilla divina.
- Significa dirigere l’energia creatrice non solo verso la procreazione, ma verso la creazione di sé stessi come esseri spirituali.
La via tantrica, nella sua forma più alta, è proprio questo: risvegliare Kundalini, farla risalire lungo la colonna, riaprire il collegamento tra l’osso sacro e il Brahmarandhra, la porta divina alla sommità del capo.
Così avviene il vero Yoga: l’unione tra lo spirito umano e lo Spirito Supremo.
Una disciplina che libera
Brahmacharya non è quindi un divieto. È libertà dal dominio dei sensi. È vivere con consapevolezza ogni pensiero, sentimento e azione, riconoscendo che sono manifestazioni del Divino.
Quando la mente è purificata, quando l’energia vitale è custodita, l’uomo non vive più solo per nutrire il corpo (Annamaya), ma per gustare la beatitudine del Sé (Anandamaya).
È allora che la vita diventa sacra, non perché imposta dall’esterno, ma perché riconosciuta dall’interno.