“Quando la verità è radicata in lui, egli consegue i frutti dell’azione senza agire”.
“Satya-pratisthayam kriya-phalasrayatvam”
La verità, farà conseguire i frutti dell’azione senza agire.
II.36
Essere nella verità – equanimità
La seconda educazione del pensiero è l’equanimità, esercizio di verità rispetto a ciò che viviamo.
Non è un semplice quanto vago “non mentire”; ma cercare la verità delle cose, individuare l’essenza di ciò che viviamo e non travisare ciò che arriva e ciò che trasmettiamo.
È una attitudine di pensiero equanime, pulito, essenziale.
Non fraintendere applicando i nostri filtri, non trasmettere qualcosa di errato per superficialità o disattenzione, non pronunciarsi su cose di cui si hanno idee poco precise spacciandole magari pure per certezze.
Tutto questo è conoscenza falsa è Viparyaya, non è Satya.
Mentire, non semplicemente come non dire il vero ma, alterare l’essenza di un fatto percepito, ignorarne i contorni, tralasciare la conoscenza, non approfondire.
E’ un grande controllo.
Il nostro pensare e il conseguente parlare, devono dunque essere accompagnati in primo luogo dalla cognizione di causa, poi dalla presenza mentale, dall’auto osservazione, dalla verifica, dalla cura, dall’attenzione. Ecco Satya.
Principio di reciprocità
Satya nell’âsana ci insegna ad approcciare un’âsana nella sua essenza, nella sua verità, nella sua conoscenza. E dunque come principio di reciprocità nella vita, ci. attua quei percorsi neuroni che portano d attivare le stesse modalità nella nostra vita individuale e di relazione.
Dentro ogni âsana c’è l’esercizio della oggettività. La postura deve essere vera anche se non realizzata da manuale; se rispecchia la sua essenza, la sua verità allora sarà anche salubre. Non accorgersi di avere una postura scorretta, come non accorgersi nella vita di trovarsi su una via non vera, o prendere una posizione, del corpo e della coscienza per dimostrare capacità atletiche o acrobatiche o per prevaricare l’altro significa assecondare l’ego, non è l’umiltà, la pulizia di danzare in una postura che ha la sua intrinseca verità e non imporre la nostra.
Satya è dunque la capacità di rimanere se stessi ma accogliendo la verità dell’altro. Questo ci rende testimoni oggettivi. In una parola: equanimi.